Colazione.
Anzi… una di quelle colazioni in cui vorresti tornare a letto perché nello spazio tra camera e cucina
hanno già trovato modo di litigare e una tazza piena di the è stata rovesciata e poi fan mille storie
per l’ultimo biscotto (che se ce ne fossero venti nessuno lo vorrebbe, neanche a dire)…
Mi capita raramente di riuscire nella magia che trasforma un momento pesante in uno che scalda
il cuore.
E’ accaduto la scorsa settimana.
Un “ultimo biscotto” mi porta a raccontare ai bambini di un fine settimana a Vienna in cui siamo
partiti senza aver ben chiaro dove saremmo andati.
Racconto dettagli che vanno dal Belvedere ad una fetta di Sacher.
Ci guardiamo io e Stefano, sono ricordi che sembrano lontani anni luce.
I toni lasciano respirare un po’ di nostalgia.
Gli racconta dettagli del viaggio divertenti, loro ridono.
Sofia ci guarda e ci dice:
“Ma chi… voi due?”.
Mi incanta vedere gli occhi dei bambini quando raccontiamo loro storie che profumano di passato,
di quando loro non c’erano.
Penso a quanto dobbiamo sembrar diversi da quei due di cui stiamo raccontando.
E in effetti hanno ragione.
Anche noi se guardiamo a “quei due” ci vediamo diversi.
Meno… qualcosa, ma più… altro.
Ci guardano, fanno imitazioni e ridono… sono momenti che “quei due” non si potevano neppure
lontanamente immaginare.