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NO (puntata numero 2, quella dei bambini)

La settimana scorsa ho scritto dei “no” di noi genitori. No necessari, contenitivi, protettivi.

Oggi, per par condicio, parlo dei no dei bambini.
Chi ha bambini di più di un anno e mezzo (all’incirca) capisce perfettamente a cosa mi riferisco.
Quei no di quando si impuntano e sembra non ce ne sia per nessuno.

Il no nel bambino e del bambino ha infiniti significati.
E il genitore medio se si ferma un attimo, riesce ad attribuire un significato preciso al no.
Questo perché nel tempo come adulti abbiamo riscoperto quanto siano importanti le emozioni, nostre e anche quelle dei bambini.

E quindi riusciamo a capire, magari dopo un primo momento di nervosismo (almeno a me capitava e capita ancora eh,…sono raramente “immediatamente empatica”), il significato del NO che nostro figlio ci propina.

Perché NO è una parola velocissima da dire che blocca subito mamma e papà.
E appena scoprono questo potere, cavalcano l’onda.
E quindi il no è per la stanchezza.
Il no è per il cavolfiore che non mi va a genio.
No perché ho sonno e non voglio mollare.
Mi oppongo e ti dico no.
Dico no e non so neppure io perché mamma.
Ho bisogno di essere spronato e ti dico di no.

I no sono facili da accettare?
No.
Ma anche i no dei bambini sono necessari.
Servono a loro per crescere, per capire il confine…confine che nel tempo, l’ho scritto tante volte, si trasforma da un confine fisico ad un confine di personalità, di relazione.
Per i nostri figli è difficile accettare e accogliere i nostri, per noi altrettanto accogliere e comprendere i loro.

E come i nostri nel tempo li fanno crescere, grazie ai loro negli anni cresciamo anche noi, valutando di volta in volta quali no vale la pena assecondare e con i quali invece vale la pena tenere il punto.
E dalla risposta ai loro no, nel tempo, vedere che genitori siamo.