Dieci anni fa, proprio in questi giorni, sei arrivata leggera, il battito d’ali di una farfalla.
Che stupore…
Accoglierti è stato semplice.
A farti spazio invece, ho impiegato tanto tempo.
Alcuni momenti sono stati complicati come mai avrei pensato potessero essere.
Dilatavi il tempo, me ne lasciavi una manciata appena.
Hai travolto, sconvolto.
Mai avrei potuto immaginare.
Mai nessuna madre può immaginare.
Mi avvicinavo sempre più a te per capirti e perché tu potessi capire.
Rimanerti accanto significava assecondare una danza a tratti vorticosa a tratti tanto lenta da sembrare
immobile.
Attimi senza respiro e poi tutta l’aria fresca che potessi immaginare.
E poi piano, giorno dopo giorno, ho iniziato a leggerti.
Ti scrutavo, a volte per sopravvivere, a volte per sorridere.
Nel tempo non è cambiato molto…anche ora ci scrutiamo a volte per sorridere, a volte per
sopravvivere.
Oggi guardo i tuoi capelli raccolti in una treccia veloce e torno alle ore in cui respiravo piano per non
svegliarti e accarezzando delicatamente i tuoi confini per ritrovare i miei, ti chiamavo piano “bambina
di burro”.