In queste prime settimane di scuola in cui tutti e tre sembrano diventati all’improvviso più grandi
torno con la mente ad un giro in bicicletta estivo.
Stefano apripista, io chiudo la fila.
Li guardo davanti a me.
Ognuno con la sua bicicletta. Il seggiolino sembra un ricordo lontano, ma in realtà non sono
passati secoli… l’estate scorsa per i giri più lunghi l’abbiamo usato.
Sono concentrati, soprattutto in salita.
Mi fermo per scattare una foto al lago e una a loro.
Ovviamente mi staccano.
Riparto e cerco di raggiungerli… nel frattempo Sofia si accorge che non sono più dietro di lei.
La vedo voltarsi leggermente… quel che basta per capire quanto sono lontana senza perdere di
vista la strada.
“Mamma, ci sei?”
La sento perfettamente.
“Certo, adesso vi raggiungo”.
Ma le sue parole mi toccano in profondità.
Mi risuonano tutte le volte che, più piccoli, mi sono fermata a guardare loro, indietro di pochi
metri, chiedendo “Ci sei?”.
Parole di cura, di attesa, di un tempo diverso da quello di noi adulti.
E in questo tempo in cui tutto sembra una gara al “chi fa prima”, mi piace invece pensare a quanto
sia prezioso l’attendere, fermandoci ad aspettare i nostri figli e quanto questo parli loro di tempi,
distanze, presenze.