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Eh no! Adesso andiamo avanti.

Estate appena passata.
Passeggiata di famiglia in montagna. Mancano forse 600 metri al rifugio e lui si blocca.
Non vuole più andare avanti.
Dice che è stanco e non vuole più camminare.
Di solito ama camminare, tanto che per il suo compleanno, negli ultimi due anni, ha
chiesto come regalo una camminata in montagna con mamma e papà (senza
fratelli…credo fosse questa la parte “regalo” della richiesta).
Cammina senza lamentarsi, osservando quello che c’è intorno e chiedendo raramente
“quanto manca?“.

Ma questa volta sembra irremovibile.
Gli dico dolcemente che manca poco, che “guarda, alza la testa, il rifugio è proprio lì…”.
Niente da fare.
Si ferma e non ne vuol sapere di proseguire.
Metto in gioco tutta la mia pazienza. Niente da fare. Stefano e gli altri proseguono verso il
rifugio.
Io sono lì con lui. Fermo.
Fermi.
“Io torno indietro mamma, da solo!”
Mi abbasso.
“Eh no! Adesso andiamo avanti. E arriviamo al rifugio! Ma sai quante volte ti succederà di
essere stanco verso la fine di una cosa? E cosa farai, mollerai per tornare indietro?
Adesso mi dai la mano e andiamo avanti!”.
Il mio tono è fermo, come lui.
Con un broncio mai visto muove un passo…e andiamo avanti.
Qualche metro in silenzio e mi accorgo che il gruppo davanti si è fermato. Tutti guardano
verso il prato.
Quasi sussurro: “Chissà che cosa stanno guardando…“
Lui: “Mamma, facciamo una corsa e li raggiungiamo?”
In pochi minuti siamo insieme agli altri ad osservare due marmotte.

Guardo anche io le marmotte.
Ma gli occhi e i pensieri sono fermi a qualche metro prima.
Come mi avrà pensata in quel momento?

Mi importa poco.
Certe cose da genitore le devi fare.
In certi momenti il compito è solo questo, per farli andare oltre, avanti.

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