Siamo davanti ad un cappuccino. Un appuntamento tra amiche.
Addormentati i bambini, una sera della scorsa settimana, ci siamo concessi un po’ di malsano zapping perché eravamo troppo stanchi per un film.
Un pomeriggio di qualche giorno fa sono stata invitata a leggere ai bimbi “grandi” della scuola dell’infanzia dei miei figli.
All’inizio del corso di accompagnamento alla nascita, chiedo sempre alle coppie di pensare a quello che si aspettano dal percorso. Una buona parte delle aspettative riguardano l’ottenere informazioni pratiche e concrete, la rimanente spesso chiede come e quando dare “regole”.
Sono lì, accanto al ferro da stiro. Un punto fisso, una certezza nella loro variabilità. Di ogni colore e trama, scivolosi e antiscivolo, il gruppo raggiunge a volte dimensioni notevoli.
Avrei potuto intitolare questi pensieri di oggi passaggio. O solitudine. Adultità. Forse anche distacco.
Sono sul divano con Sofia. Guardiamo un telefilm, rilettura di una fiaba in chiave moderna; nell’episodio si parla del copiare a scuola.
E’ successo di nuovo. La prima volta Gaia era aperta da pochissimo tempo. Stavolta è diverso. E sento che due parole sono doverose.
Qualche giorno di vacanza, per Pasqua. E’ la prima vacanza “senza tutto”: senza pannolini, senza supporti di stoffa o con ruote, senza nessuno da allattare. Sono partita convinta che sarebbe stato più leggero delle altre volte.
Post it sulla copertina della mia agenda giovedì scorso: