Prendo spunto per questa riflessione da uno scambio di battute che ho avuto con una logopedista su Instagram.
In un suo post (vi lascerò il link sotto) scriveva che il bambino “pigro a parlare” non esiste.
Ho condiviso con lei il fatto che, purtroppo, le “etichette” ai bambini vengono date ben prima del tempo in cui si aspetti che parlino.
Esempio? Quando nei primi giorni di approccio al seno, vengono definiti pigri.
E ci siamo dette che quando un bambino è definito “pigro” dopo poche ore dalla nascita, ha poi vita difficile…
Il bambino al seno non è necessariamente “pigro”… può aver bisogno di un attimo in più di tempo per capire come succhiare, o di cambiare posizione, o di stare pelle a pelle per attivare i suoi riflessi innati.
Certo, è importante che la mamma sappia cosa fare (come nel caso del linguaggio) o che cerchi aiuto a riguardo.
“Non ho allattato perché era pigro e al seno si addormentava… e adesso è pigro a muoversi… insomma, è così…”.
Insomma, una vita destinata a giocarsi sui binari della pigrizia? Ma se poi sarà pigro a leggere cosa faremo? Lasceremo perdere? No! Ci attiveremo!
Certo, ci sono i bambini “attivi” fin da subito, ma non è detto che chi non lo è non possa recuperare in corsa.
Anzi, quante volte vedo allattamenti di bambini definiti pigri che poi decollano e proseguono!
Servono informazione e sostegno, come in tutti gli aspetti della crescita.
In generale, le etichette “sui bambini” sarebbero da evitare.
A partire dall’immancabile “è furbo”.