Torno su due parole che mi sono particolarmente care: attacco e attaccamento.
Suonano simili, ma sono diverse e spesso nelle conversazioni “dei primi giorni” vengono confuse, scambiate.
L’attacco riguarda l’allattamento al seno.
E’ il modo in cui il bambino prende il seno in bocca, come posiziona le labbra, la lingua. Come “sta” al seno.
Un buon attacco è la base per un buon allattamento.
Un bimbo che si attacca bene, che succhia bene e a lungo, si garantisce il latte per le prime settimane e i mesi a venire.
Non è magia. Non servono formule (in aggiunta o magiche) o tisane.
Ormai su questo dovremmo essere d’accordo.
Attaccamento invece riguarda un processo, che non dipende dall’attacco al seno.
Dipende da altro. Per esempio, dal tempo trascorso insieme vicini, dal profumo, dalle parole, dal contatto, dai pensieri (anche quelli scuri eh, non solo quelli tinte pastello).
L’attaccamento è un qualcosa di dinamico, in continua evoluzione.
Non c’è dubbio sul fatto che l’allattamento al seno faciliti il processo di attaccamento, anche quando l’attacco è scorretto (!).
L’allattamento al seno facilita l’attaccamento perché raggruppa tutta una serie di aspetti che per un buon attaccamento sono fondamentali.
Ma.
Se un attacco scorretto (o altro) nel tempo, anche breve, porta la mamma a non allattare, questo non deve necessariamente influenzare l’attaccamento.
Purché mamma e bambino rimangano tanto vicini, condividano tempo, stiano in contatto.
Anche su questo ormai dovremmo essere d’accordo.