A dire il vero, sono in maternità.
E’ proprio una cosa diversa.
A casa vorrebbe dire che sono in ferie, in malattia, o che ho scelto di fare la casalinga.
Questo è essere “a casa”.
Ad essere onesti, io non direi neppure in questi casi “tanto tu sei a casa” con il tono supponente che hai usato, ma comunque, il mio caso è diverso: io al momento sono in maternità.
Significa che giorno e notte, senza soluzione di continuità, mi occupo di mio figlio, soprattutto nelle prime settimane, in cui le sue richieste spesso superano la mia idea di poter riuscire a soddisfarle.
Poi ci riesco, perché dopo il parto, qualunque sia stato il modo in cui ho dato alla luce mio figlio, ho scoperto punti di forza (e anche di fragilità, te lo assicuro) che mai avrei immaginato di possedere.
In questo periodo della mia vita che definire “sospeso” è ancora poco, mi sto prendendo cura.
Di lei.
Che senza di me non si sente persa.
Di lui.
A cui faccio “da pancia” fuori dalla mia pancia.
Vero, sto in casa la maggior parte del giorno.
Ma a giorni, questa casa, mi sembra una gabbia sai?
Vorrei potermene andare qualche giorno, e tornare per trovarla più grande, trovarlo che piange un po’ meno.
Sono a casa. E ogni giorno penso alla mia maternità che traballa tra il desiderio di stare solo con lui e la mia partita iva che reclama un po’ di tempo ogni giorno perché non vada tutto a rotoli.
Certi giorni a casa è difficile.
Lei reclama le mie attenzioni… e sua sorella pure. E’ più grande, ma non è grande. Anche lei, qui a casa, ha bisogno di me.
E certi giorni, qui a casa, vorrei sdoppiarmi, triplicarmi, per fare quello che ci sarebbe da fare.
Non riesco. A volte la polvere rimane dov’è e anche la lavatrice resta da stendere.
C’è una cosa che spesso si dimentica chi è intorno.
Ho appena partorito.
Da qualche giorno, da qualche settimana.
Il mio parto è ancora lì per me.
E il mio corpo ha bisogno di riprendersi.
Impiega almeno quaranta giorni.
Riassumo:
– ho appena partorito
– mi prendo cura di una creatura che dipende al 100% da me
– ci sono giornate in cui vorrei essere altrove
– sto vivendo l’esperienza più totalizzante della mia vita
– in alcuni momenti il suo sorriso ripaga ogni cosa. In altri no.
Dalla mia “casa” a giorni sono lontanissima.
Non sono a casa.
E’ proprio tutt’altro.