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Primogeniti totalizzanti

Qualche giorno fa una mamma di una quasiquattrenne e di un neonato, mi ha inviato la foto di un gioco per bambini: una culla che si chiama “Dormi con me”, riproduzione di un side bed, da avvicinare al letto della bambina/del bambino perché la sua bambolina possa dormire accanto a lui.
Commentiamo quanto sia interessante questo “semino di cosleeping” per il futuro.
Poi aggiunge che nella foto c’è il kit completo (bambola e biberon) e che la sua bambina grande ha commentato: “Ma perché non dà la tetta?”.
Sorrido.
È proprio vero che l’allattamento è, anche, una questione ambientale.

Poi penso anche a quanta “competenza del cuore” ha acquisito in pochi mesi questa bambina nel vedere la sua mamma che allatta e che quindi dedica tempo (tanto) a suo fratello. E quanto questa cosa, nonostante la gelosia, naturale e sacrosanta, che a più riprese dimostra sia per lei già normalità.
Mi torna in mente che qualche mese fa in un blog ho letto di una mamma che dopo aver allattato il primo figlio oltre i due anni, ha deciso di interrompere l’allattamento del secondo dopo poche settimane perché “portava via” troppo tempo al primo.
Partendo dal fatto che ogni mamma sceglie sempre il meglio per i propri figli e che la libertà di scelta è un diritto, ho trovato penalizzante la decisione.

Perché chi arriva dopo trova una mamma già molto occupata, che dovrà dividere il tempo.
E fin dalla pancia, il tempo, soprattutto quello dei pensieri, che si dedica ai secondi è notevolmente inferiore rispetto al primo.
Perché l’arrivo di un/a fratello/sorella è un’opportunità per il “grande”: di imparare a condividere, anche la persona più preziosa, di saper aspettare, di non essere sempre al centro dell’attenzione.
Perché vedere che tua sorella è in braccio alla tua mamma è sicuramente un’emozione impegnativa da gestire, ma ti insegna che “la cura” può raddoppiarsi.
Vedere la mamma che si prende cura di tuo fratello e che magari a sera è stanca, ti insegna tutto il bello, ma anche il limite, il confine, l’umanità con cui per tutta la vita avrai a che fare.
Non te lo insegna in termini filosofici, ma concreti.
Perché attraverso “l’altro”, soprattutto quello più vicino con il quale si è chiamati a dividere
quanto di più prezioso e senza averlo peraltro desiderato, si impara che il mondo va oltre noi.

Troppo spesso si vedono “primogeniti totalizzanti” per e in nome dei quali vengono penalizzati i
più piccoli in termini di tempo e di qualità della cura.
Credo sia un terreno da preparare “prima” per non creare situazioni che sul lungo periodo
logorano tutti: i genitori che si sentono “schiavi”, i poveri primogeniti che prima o poi si rendono
conto che non sempre e non ovunque è possibile essere “primi”, i secondi, per ovvi motivi
conseguenti ai pensieri che stanno sopra.

Scrivo da mamma di tre che vive ogni giorno la “matematica del 33,3 periodico” nel dividere il proprio tempo e che si sente dire, come in un roulette “ma stai/fai più con lui/lei/loro che con me”.

E sono pure una primogenita.