Sono cresciuta con questo slogan serale (fino ad una certa età chiaramente, poi non è più stato
necessario).
Conclusione delle giornate, preludio alla notte.
Indicava tanto la fine dei giochi, del giorno, delle attività, delle corse quanto le scale che portavano
alle camere.
Non c’era spazio o motivo per tornare indietro, né margine di trattativa.
La messa a letto non si discuteva. Era un punto fermo della giornata.
Per me, e penso anche per i miei.
E mi poteva mettere a letto anche papà.
Anzi. Rimboccava le coperte più salde.
Se ci ripenso, a decenni di distanza, la ricordo ancora come una delle cose “sicure” della mia infanzia. E se può suonare come un comando da caserma, mi rendo conto che, a contrario magari di altro, non l’ho mai percepito in questo modo.
Era un passaggio chiaro: igiene personale e poi sotto le coperte.
Bacio della buonanotte (uno, non esageriamo…erano tanti anni fa, il concetto “routine del sonno” era lontano) e… a domani.
Ed si andava a letto presto nel periodo di scuola, “massimo le otto e mezza”.
Oggi, con parole diverse, triplici baci e letture, bicchieri d’acqua, ultimi e ripetuti baci della buona notte, mi rendo conto che abbiamo mantenuto la stessa routine per i nostri figli.
Chiaramente non da quando erano neonati perché il sonno “dei piccolissimi” ha le sue regole speciali.
Ma ad un certo punto, le regole del sonno sono diventate preziose, tanto per loro quanto per noi.
Perché non si sovraccarichino.
Per conoscere il tempo del movimento e quello del riposo.
Per non aver paura del buio e nel tempo capire quanto sia prezioso e ristoratore dormire.
Per avere un tempo nostro “dopo”.
E pensandoci bene, perché dare una fine al giorno aiuta a dare ai bambini anche altri confini
durante il giorno, necessari perché si sentano sicuri e crescano sereni.