Sofia e io saliamo sul tappetomobile di un centro commerciale.
Sono le due del pomeriggio di un sabato normale.
Non c’è quasi nessuno.
Qualche metro davanti a noi una donna che guarda nella nostra direzione, o meglio, oltre.
Dal suo sguardo intuisco che aspetta l’arrivo di qualcuno dietro di me e nello stesso istante mi
accorgo che Sofia non tiene la destra.
Accade tutto in un attimo.
“Stai a destra Sofia” e le metto una mano sulla spalla invitandola a spostarsi anche perché
percepisco l’arrivo e perché Sofia impari una nuova regola di buona convivenza civile.
In un attimo la presenza si concretizza in un ragazzino che con la testa dentro il suo (o altrui)
smartphone sbatte contro la spalla di Sofia e la mia mano. Alza la testa- penso io, per scusarsi-
invece guarda dov’è sua mamma e passa oltre, sempre con lo sguardo nel telefono.
La raggiunge e io, che purtroppo ho sempre aspettative alte in termini di educazione, penso che lei
gli dirà “Scusati con la bambina, le sei andato addosso”.
No.
Gli accarezza la testa, lo sposta letteralmente (lui è troppo immerso) alla sua sinistra, arrivano al
piano e proseguono.
Inizio una serie di pensieri che iniziano con: “E poi i viziati sono i piccoli tenuti in braccio…”, ma
Sofia mi riporta nel qui e ora: “Mi è venuto addosso e non mi ha chiesto scusa”.
Le rispondo che a quell’età può essere che un ragazzino non si scusi, ma la sua mamma avrebbe
dovuto dirgli di farlo.
“Tu eri comunque fuori posto perché sulle scale mobili si deve tenere la destra, è una regola”.
Perché spetta a noi genitori seminare l’educazione.
Le accarezzo la testa, arriviamo al piano e proseguiamo.
I pensieri vanno alle zucche vuote… oltre questi giorni.