Mi scappa da ridere.
Me lo chiede una mamma in un momento di confronto tra mamme di più bimbi.
“Cosa ti fa pensare che non alzi mai la voce?”
“Mah, non so, forse il tuo lavoro…”
Eh certo. Ma il lavoro è una cosa, i figli sono altro, per fortuna!
Io alzo la voce, spesso.
Sicuramente più di quanto vorrei.
[Chi legge da mamma: sapete quando si è incinta del primo figlio e si dice “questa cosa io non la
farò mai?”. Ecco. Io pensavo sarei stata in grado di “spiegare sempre” le cose ai miei figli. E forse,
nel primo periodo di vita è andata tutto sommato così].
Perché inizio ogni giornata con le migliori intenzioni consapevole che urlare non serve.
Ma poi, a volte, mi ricredo.
Perché a volte alzo la voce per stanchezza, ma capita spesso che alzare i decibel sia un modo per
fermare, per catturare lo sguardo, per comunicare qualcosa che nelle precedenti cinque mono-
tone volte non è giunto a destinazione, per gestire in tempi umani operazioni che con i figli
sembrano avere dell’impossibile… un esempio tra tutti, mettersi le scarpe al mattino.
A volte urlo perché è l’unico modo per sovrastare altri tre che lo fanno e riportare un minimo di
quiete, per quel poco che può durare.
E arranco nell’eterno dilemma tra autorità e autorevolezza, posizioni tra le quali in realtà trovo
infinite sfumature che si avvicinano più a l’una o all’altra, dipende dalle occasioni.
Ammiro quelle mamme che riescono sempre a dire le cose ai figli senza perdere la pazienza,
restando tranquille, tenendo un tono di voce pacato, ma fermo.
Che raggiungono sempre l’obiettivo senza alzare i toni.
Quando alzo la voce a volte penso a quando, accarezzando il mio primo pancione, pensavo che
sarebbe stato semplice parlare alla mia creatura, come nella pancia, anche poi.
E vedendomi nel presente, mi scappa da ridere…