Il post della settimana di Natale, festa della ri-nascita e della Luce, è una storia.
Lei non si chiama Maria, e lui non si chiama Giuseppe.
I loro nomi poco importano perché in questo racconto, che non è una favola, ma una storia che il lieto fine se lo guadagna ogni giorno, non contano le generalità, ma i particolari che la rendono unica e uguale a tante altre.
Lei è una delle donne più care al mio cuore, posso proprio dire “da sempre”.
A lui voglio bene di riflesso… succede quando vedi star bene le persone a cui vuoi bene.
Loro sono il mio presepio vivente di questo duemilasedici.
Si diventa famiglia in particolar modo quando nasce un bambino, ma il Bambin Gesù che ci sceglie non è sempre quello che avevamo sperato e immaginato. Si sente dire “l’importante è che sia sano”, ma alcuni venticinque dicembre- perché natale è ogni giorno– vedono nascite diverse, apparentemente lontane dalla luce.
Così, quando capisci che il tuo bambino non sente e te lo confermano, devi rimboccarti le maniche in trasferte che dalla famiglia ti portano lontana (fuga in Egitto?), che tolgono tempo al lavoro (che ne sarà del laboratorio da falegname di Giuseppe, libero professionista di duemila anni fa?), che ti temprano e ti mettono alla prova.
Lei, lì ogni giorno a crescere un bambino spettacolare che di settimana in settimana, nonostante gli serva un pezzettino in plastica per ascoltare il mondo e le sue voci, è lì.
Come Maria, come tante madri, osserva il suo neo-nato nella mangiatoia.
Lui la sostiene. Come lo Sposo per eccellenza.
Sono un presepio vivente, luce oltre il presepio stesso.
Questo è Natale, il Natale di tante famiglie sacre nel loro a volte difficile quotidiano, lontane da quelle immaginarie e inesistenti del famoso mulino, che la Luce la cercano ogni giorno.
Luce che arriva, immancabile.
Auguri, di cuore, a tutti.